Vita Chiesa

Conclave, p. Lombardi: solo Papa può cambiare regole; forse «motu proprio» prima del 28 febbraio

Sugli ipotetici contenuti del Motu Proprio, qualora venisse pubblicato, il portavoce vaticano ha reso noto: «A me risultava, ad esempio, lo studio di qualche punto di dettaglio per la piena armonizzazione con un altro documento che riguarda il Conclave, cioè l’Ordo Rituum Conclavis», relativo appunto al cerimoniale, ai riti e alle preghiere previsti durante la speciale riunione del Collegio cardinalizio nella Cappella Sistina. «In ogni caso – ha concluso padre Lombardi -, la questione dipende dalla valutazione del Papa e se vi sarà questo documento verrà reso noto nel modo opportuno».

«Il Papa è l’unico che può legiferare sul Conclave». Una regola che «vale ancora oggi», e che quindi comporta il fatto che «in teoria, se entro il 28 febbraio alle ore 20, arriva qualche nuova norma in materia, è quella da seguire». Se, invece, tale norma «non arriva», dalle ore 20 del 28 febbraio «il Papa non è più Papa, e spetta al Collegio cardinalizio predisporre tutto perché si convochi il Conclave». A ribadirlo, rispondendo alle domande dei giornalisti nel briefing di oggi, è stato Ambrogio Piazzoni, viceprefetto della Biblioteca apostolica vaticana, che ha tenuto un ampio excursus storico sul Conclave dalle origini ai giorni nostri. «Ancora oggi, il Papa è l’unico che può cambiare le regole dell’elezione del nuovo Pontefice», ha ricordato l’esperto sottolineando che ad ogni pontificato sono da considerarsi automaticamente abrogate le norme stabilite in materia dal Pontefice precedente, proprio per ribadire l’assoluta autorità del Papa regnante circa questa delicata materia. Un esempio per tutti: Pio XI, che nel 1935 emanò una costituzione relativa all’elezione del Pontefice, senza però cambiare nulla rispetto alle norme precedenti, «quasi a sottolineare che il Papa poteva in ogni caso, e deve sempre intervenire, nella legislazione sul Conclave», ha commentato Piazzoni.

Nella storia della Chiesa, ha spiegato Piazzoni, «è esistita in vari momenti una legislazione di emergenza per quanto riguarda il Conclave». Nel Medioevo, ad esempio, quando è nata l’esigenza di difendersi dal potere degli imperatori, o ai tempi di Napoleone, quando Pio VII emanò delle norme che prevedevano l’eventualità per cui, «se il papa veniva fatto prigioniero da una potenza straniera, per ciò stesso iniziava la sede vacante». Se Napoleone, insomma, avesse fatto prigioniero Pio VI, «non avrebbe avuto tra le mani un Papa, ma un ex Papa». Situazione per certi versi analoga a quella che, fatti i dovuti distinguo storici, si poteva paventare per Leone XIII, subito dopo l’arrivo del Regno d’Italia a Roma. «È vero anche che Pio XII – ha detto Piazzoni – pensò all’impossibilità di svolgere il suo compito», e alla possibilità per i cardinali elettori, in caso di guerra, di «riunirsi in un luogo diverso» da Roma per procedere all’elezione del Papa.