Vita Chiesa

DOCUMENTI: la relazione del card. Scola

“L’Eucaristia è un dono, non può mai essere né un diritto né un possesso”. Lo ha detto il card. ANGELO SCOLA, patriarca di Venezia e relatore generale del Sinodo, illustrando ai giornalisti la relazione, prima della discussione, che ha tenuto all’apertura della prima giornata di lavori dell’XI assemblea sinodale, in corso in Vaticano fino al 23 ottobre.

“Non c’è separazione, nella visione cristiana del culto, tra sacro e profano”, ha aggiunto il porporato, e la visione cristiana dell’Eucaristia “non è un’utopia, né una magia”. Nella sua relazione, Scola ha trattato anche la questione delle assemblee domenicali “in attesa” di sacerdote, sottolineando che tali celebrazioni “devono far mantenere vivo il desiderio dell’Eucaristia piena”.

È in questo contesto, per Scola, che deve collocarsi la questione dei “viri probati”, tenendo presente che “la Provvidenza nel corso della storia della Chiesa ha ribadito nei secoli il valore del celibato”, e “individuando criteri pratici per redistribuire il clero a livello universale”. Di seguito, alcuni “spunti” tratti dalla relazione citata e dalla prima conferenza stampa del Sinodo. Alla prima Congregazione generale (3 ottobre) erano presenti 241 Padri Sinodali.

INTERCOMUNIONE O “OSPITALITÀ EUCARISTICA”? Un “problema pastorale assai dedicato legato all’ambito ecumenico”, ha detto il card. Scola nella sua relazione, è quello dell’“intercomunione” di fedeli appartenenti a diverse Chiese e Comunità ecclesiali. Per Scola, infatti, occorre chiedersi se quest’ultima “può costituire uno strumento adeguato per favorire il cammino verso l’unità dei cristiani”. “Solo in quanto attua la piena professione di fede apostolica in questo mistero l’Eucaristia “fa” la Chiesa”, ha ricordato il relatore generale: “Se è l’Eucaristia ad assicurare la vera unità della Chiesa, una celebrazione o una partecipazione all’Eucaristia che non implichi il rispetto di tutti i fattori che concorrono alla sua pienezza finirebbe, al di là di ogni buona intenzione, per dividere ulteriormente”. Un discorso diverso, invece, è quello relativo all’“ospitalità eucaristica”, in base alla quale “si possono ammettere alla comunione eucaristica singole persone appartenenti a Chiese o Comunità ecclesiali che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica”.

L’EUCARISTIA COME AZIONE “SOCIALE”. “Riunirsi ogni domenica, in qualunque luogo della terra, per avere parte allo stesso Corpo e allo stesso Sangue di Cristo, impone il dovere di una lotta tenace a tutte le forme di emarginazione e di ingiustizia economica, sociale e politica cui sono sottoposti i nostri fratelli e sorelle, soprattutto i bambini e le donne”.

Nella parte centrale del suo intervento nell’Aula sinodale, Scola si è soffermato sulla dimensione sociale dell’Eucaristia, mettendo in guardia sia dal “pacifismo utopico” che dalla “realpolitik” che “considera inevitabile la guerra”. “Le “decisive implicazioni sociali dell’azione eucaristica”, ha ammonito il cardinale, “richiedono il contributo dei cristiani per l’edificazione di una società civile, nelle diverse aree culturali dell’umanità”, promuovendo “una società civile che poggi sulla dignità e sui diritti della persona, anzitutto sul diritto alla libertà religiosa, e su quelli di tutti i corpi intermedi, in particolare della famiglia”. Oltre a “promuovere e regolare una vita buona a livello delle singole nazioni”, per Scola i cristiani devono “concorrere all’ormai improrogabile necessità di costruire un nuovo ordine mondiale basato su regole condivise e vincolanti che garantiscano a tutti i popoli la possibilità di uno sviluppo equilibrato e integrale delle risorse naturali e umani”.

LA MESSA “MEGLIO DELLA TV”. Rispondendo alle domande dei giornalisti, il card. Scola ha ricordato che “non esiste alcun altro atto umano che tocchi il vertice di potenza dell’atto eucaristico, che resta il modo migliore di investire il proprio tempo e il proprio spazio”. Anche rispetto ai pomeriggi passati “stravaccati davanti alla tv”: di qui l’insostituibilità del precetto domenicale, che non va “incapsulato come una pratica di pietà qualsiasi nel ritmo frenetico della nostra vita, preferendo ad esempio di regola la messa prefestiva del sabato a quella della domenica”.

I DIVORZIATI RISPOSATI E IL “SOGNO DELL’UNITÀ”. “Considerare la condizione dei divorziati risposati”, valutando “caso per caso” eventuali “problemi individuali”, e raggiungere il “sogno” dell’unità tra i cristiani grazie alla volontà di “celebrare l’Eucaristia insieme”. Sono i due auspici espressi da mons. PIERRE-ANTOINE PAULO, arcivescovo coadiutore di Port-et-Paix (Haiti), durante la conferenza stampa del 3 ottobre. Mons. LOUIS ANTONIO G. TAGLE, vescovo di Imus (Filippine), ha invece messo l’accento sulla “sproporzione” tra il numero (pur cospicuo) di sacerdoti presenti nella sua diocesi e il “tasso di crescita” della popolazione locale. “I sacerdoti non riescono a servire la messa in tutte le comunità – ha spiegato il vescovo – e in alcune di esse sono i laici a condurre una liturgia della Parola”. I fedeli, però, “sentono nel cuore il desiderio di partecipare pienamente all’Eucaristia”, e “occorre chiedersi cosa bisogna fare quando le comunità ecclesiali non possono garantire a tutti i fedeli la partecipazione alla messa della domenica”. A CURA DI M.MICHELA NICOLAIS

Mostra il testo integrale della relazione del card. Scola