Vita Chiesa

Dopo la pillola abortiva, dove arriveremo?

DI DON FRANCESCO SENSINI«Avanti di questo passo presto daranno i preservativi al mio nipotino che va ancora all’asilo nido! Ma dove arriveremo?» Sono le parole che una nonna scambia con un’altra signora anziana all’uscita da un negozio di abbigliamento per bambini. Il riferimento è alla notizia che in Spagna un sindaco ha emesso un provvedimento per distribuire gratuitamente alle ragazze, tra i 10 e 20 anni, la pillola del giorno dopo, abortiva. Non è certo il «gratuitamente» che fa scandalo! È piuttosto la superficialità con cui si affronta la realtà della vita affettiva e sessuale dei giovani.

Educare significa «tirar fuori», far emergere, è un percorso che dall’interno va all’esterno. La pillola ha un percorso diametralmente opposto. Non può dunque essere una risposta educativa. Educare significa valorizzare le risorse della persona, la pillola valorizza sostanze chimiche. Non è una risposta «umana». Ma dove arriveremo?

La domanda presuppone la capacità di vedere oltre il proprio orizzonte, di riconoscere un «disegno», un progetto nella vita. La politica sta perdendo oggi questa capacità. Si preferisce dare risposte «usa e getta», secondo i bisogni e le necessità. Non c’è progettualità, tutto ciò che può mantenere il potere diviene lecito e legittimo in nome di un falso servizio agli altri. Ma dove arriveremo? Arriveremo al punto in cui ciascuno potrà agire senza preoccuparsi delle conseguenze della sua azione (una società libera ma irresponsabile), al punto in cui i propri bisogni saranno codificati in diritti (una società al servizio di tutti, ma diseducante). «Prima facevano i mangiapreti ora li vogliono imitare!» È il simpatico commento di un anziano signore al fatto che nella giunta Toscana è stato «inventato» l’assessorato al perdono. Condivido la sorpresa, ma poi la cambio in «sospetto». Primo: perché spesso i politici criticano la chiesa che in nome di Dio chiede agli uomini di perdonarsi, e ora , forse, lo dovrebbero fare in nome di una legge politica? Secondo: perché questa idea è stata ripresa da un paese africano. Non sono razzista ma rifletto. Le condizioni ambientali e culturali della nascita di questo servizio sono quelle tragiche di apartheid, netta discriminazione tra uomini bianchi e neri. Non mi pare che la nostra società viva le stesse tragiche divisioni. A meno che la distinzione politica tra destra e sinistra sia considerata come l’apartheid. Se allora l’assessorato al perdono avrà come priorità quella di riconoscere che destra e sinistra hanno la stessa dignità come devono averla i bianchi e i neri, confesserò il mio peccato e chiederò all’assessore il suo perdono.