Vita Chiesa

GIOVANNI PAOLO II, UN NATALE RIGATO DI SANGUE

È un «orizzonte rigato di sangue» quello che ci si presenta davanti in questo Natale 2002. Lo ha detto il Papa sabato 21 dicembre, nNel corso dell’incontro per gli auguri natalizi alla Curia Romana. Giovanni Paolo II ha sottolineato innanzitutto il significato particolare di questo Natale «perché cade nel mio venticinquesimo anno di Pontificato». «Nel riandare, com’è consuetudine in questa circostanza, ai principali avvenimenti che hanno scandito il mio ministero durante gli scorsi mesi, desidero farlo nell’ottica che il Rosario suggerisce – ha sottolineato il Papa – ossia con uno sguardo contemplativo che faccia emergere, negli eventi stessi, il segno della presenza di Cristo. Come dimenticare, innanzitutto, che il volto di Cristo continua ad avere un tratto dolente, di vera passione, per i conflitti che insanguinano tante regioni del mondo, e per quelli che minacciano di esplodere con rinnovata virulenza? Emblematica rimane la situazione della Terra Santa, ma altre guerre ‘dimenticate’ non sono meno devastanti. Il terrorismo poi continua a mietere vittime e a scavare ulteriori fossati».

Di fronte ad un «orizzonte rigato di sangue», Giovanni Paolo II ha rilevato che «la Chiesa non cessa di far sentire la sua voce e, soprattutto, continua ad elevare la sua preghiera. E’ quanto è avvenuto, in particolare, il 24 gennaio scorso nella Giornata di preghiera per la pace ad Assisi quando, insieme con i rappresentanti delle altre religioni, abbiamo testimoniato la missione di pace che è speciale dovere di quanti credono in Dio. Dobbiamo continuare a gridarlo con forza: ‘Le religioni sono al servizio della pace’. Questa verità ho ribadito anche nel Messaggio per la pace del prossimo primo gennaio, evocando la grande enciclica Pacem in terris del Beato Giovanni XXIII, che l’11 aprile del 1963 levò la sua voce in una difficile congiuntura storica per additare nella verità, nella giustizia, nell’amore e nella libertà i ‘pilastri’ portanti della vera pace».

«Se ci guardiamo intorno con occhi contemplativi – ha proseguito quindi il pontefice – non sarà difficile scorgere un raggio del suo splendore nelle bellezze del creato. Ma al tempo stesso saremo costretti a lamentare la devastazione che l’incuria umana è capace di arrecare all’ambiente, infliggendo ogni giorno alla natura ferite che si ritorcono contro l’uomo stesso. Per questo sono contento di aver potuto anche quest’anno testimoniare in diverse occasioni l’impegno della Chiesa in ambito ecologico». Giovanni Paolo II ha quindi affrontato il tema dei rapporti con gli Stati, rilanciando «l’urgenza di porre al centro della politica, nazionale e internazionale, la dignità della persona umana e il servizio al bene comune». Valori – ha detto il Papa – a cui faceva già riferimento «il mio venerato predecessore Pio XII nel Radiomessaggio del 24 dicembre 1942. Accennando con accorata partecipazione ‘alla fiumana di lagrime e amarezze’ ed ‘al cumulo di dolori e tormenti’ derivanti ‘dalla rovina micidiale dell’immane conflitto’ il grande Pontefice delineava con chiarezza i principi universali e irrinunciabili secondo cui, una volta superata la ‘spaventosa catastrofe’ della guerra, avrebbe dovuto essere costruito il nuovo ordine nazionale e internazionale invocato con cocente anelito da tutti i popoli».

Giovanni Paolo II ha poi ricordato «i passi in avanti che, anche quest’anno, ha fatto il cammino ecumenico. In verità, occorre riconoscerlo, non sono mancati motivi di amarezza. Ma dobbiamo guardare alle luci più che alle ombre. Tra le luci, oltre alla già menzionata Dichiarazione congiunta con il Patriarca Bartolomeo I, desidero ricordare soprattutto l’incontro con la Delegazione della Chiesa ortodossa di Grecia, che l’11 marzo è venuta a farmi visita, recando un messaggio di Sua Beatitudine Christodoulos, Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia. Se ancora restano motivi di distanza, lascia ben sperare questo atteggiamento di reciproca apertura. Altrettanto va detto riguardo alla visita che mi ha fatto il Patriarca ortodosso di Romania Teoctist, col quale nello scorso ottobre ho firmato una Dichiarazione comune. Quando il Signore ci darà finalmente la gioia della comunione piena con i fratelli ortodossi? La risposta rimane nel mistero della Provvidenza divina. Ma la fiducia in Dio non dispensa certo dall’impegno personale. E’ necessario per questo intensificare soprattutto l’ecumenismo della preghiera e della santità». In conclusione il Papa ha fatto riferimento proprio alla santità, descritta come “la cima” più alta del ‘paesaggio’ ecclesiale”.

«Anche quest’anno – ha detto – ho avuto la gioia di elevare agli onori degli altari tanti figli della Chiesa, che si sono distinti per la loro fedeltà al Vangelo. Cum Maria contemplemur Christi vultum! E’ nei santi che ‘Dio manifesta vividamente agli uomini la sua presenza e il suo volto’. Rendo lode al Signore per le beatificazioni e canonizzazioni compiute nel corso del viaggio apostolico a Ciudad de Guatemala e a Ciudad de México. E come non menzionare, anche per la particolare eco suscitata nell’opinione pubblica, la canonizzazione di san Pio da Pietrelcina e di san Josemaria Escrivá de Balaguer? Nel segno della santità si è pure svolto il mio viaggio apostolico in Polonia, per la dedicazione del Santuario della Divina Misericordia. In quell’occasione ho potuto ancora una volta ricordare al nostro mondo, tentato dallo scoraggiamento di fronte ai tanti problemi irrisolti e alle incognite minacciose del futuro, che Dio è “ricco di misericordia». Per chi confida in Lui mai nulla è definitivamente perduto; tutto può essere ricostruito”.

Il testo integrale del discorso alla Curia Romana