Vita Chiesa

Ognuno di noi è icona di Cristo

Non sono un’intenditrice di iconografia. Mi piace, però, pregare di fronte a un’icona: guardo il Cristo che vi è dipinto, ma soprattutto mi sento guardata, cercata. Non è un «senso di persecuzione», quello che mi prende, ma una grande consapevolezza di essere amata. L’icona mi aiuta a mettermi alla Sua presenza, a diventare consapevole di ciò che avviene fra me e Lui.

Una mattina, mentre leggevo la Scrittura, ho alzato lo sguardo verso l’icona del Cristo Pantocrator, che mi stava davanti, e ho pensato, ad un tratto, che ogni persona è come un’icona: ognuno, infatti, è il Cristo che viene a bussare alla nostra porta. Gli altri, infatti, ci «guardano», con la loro vita, e attendono di essere guardati. Gesù ha detto che lo avremmo incontrato nel malato, nel prigioniero, nel più piccolo dei suoi fratelli. D’altra parte, a volte ci può sembrare che questa «icona vivente» del Cristo deformi un po’ la sua vera immagine: alcune persone forse sono fastidiose, altre pesanti, altre ci fanno del male, altre non ci comprendono; alcuni «predicano bene e razzolano male», altri fanno scelte sbagliate e non possono, a nostro giudizio, essere un’icona del Signore. Sulla croce, però, Cristo ebbe un volto sfigurato, per aiutarci a incontrarlo in ogni fratello, anche in quello meno amabile. Anzi, è proprio l’umanità ferita il luogo in cui Cristo desidera abitare: è lì che lui vuole essere amato, cercato e, attraverso il nostro amore, guarito. E mentre vediamo la ferita del fratello, è impossibile non ricordarci della nostra: l’umanità ferita, infatti, siamo noi. Siamo icone di Cristo gli uni per gli altri.

Nelle persone che incontro, Cristo mi guarda, mi cerca: è lì che io contemplo il suo volto glorioso e il suo volto sfigurato. Di fronte a un’icona, poi, come davanti a uno specchio, è impossibile distogliere lo sguardo da noi stessi. L’«icona vivente di Cristo», che è ogni persona che incontro sul mio cammino, è anch’essa uno specchio che mi aiuta a capire chi sono io. L’altro, infatti, mi è di stimolo per uscire dai miei egoismi e per capire quale sia la mia vera immagine, il mio vero essere. Nei giudizi dell’altro, poi, positivi o negativi, giusti o ingiusti che siano, c’è sempre un pizzico di verità: se sono onesto, tutto devo accogliere come dono, tutto mi aiuta a riflettere, a interrogarmi e a crescere come persona e come cristiano. Lasciandomi guardare dagli altri, quindi, e conoscendomi meglio, ho l’opportunità di diventare io stesso icona sempre più fedele del Cristo, per ogni fratello che incontro nella mia strada. Le mie mani, i miei piedi, il mio sguardo e il mio cuore saranno, allora, le mani, i piedi, lo sguardo e il cuore con cui Cristo, oggi, cura le ferite dell’uomo, lo guarda, lo attira a sé e lo introduce nel mistero ineffabile del suo Amore Trinitario.Suor Mirella Caterinadelle contemplative domenicane di Pratovecchio