Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: aprirsi alla misericordia di Dio per non essere schiavi di se stessi

«Il Decalogo, promulgato nel libro dell’Esodo, viene ripetuto nel libro del Deuteronomio in modo pressoché identico, ad eccezione di questa Terza Parola, dove compare una preziosa differenza», ha fatto notare Francesco: «Mentre nell’Esodo il motivo del riposo è la benedizione della creazione, nel Deuteronomio, invece, esso commemora la fine della schiavitù. In questo giorno lo schiavo si deve riposare come il padrone, per celebrare la memoria della Pasqua di liberazione». «Gli schiavi per definizione non possono riposare», ha affermato il Papa: «Ma esistono tanti tipi di schiavitù, sia esteriore che interiore. Ci sono le costrizioni esterne come le oppressioni, le vite sequestrate dalla violenza e da altri tipi di ingiustizia. Esistono poi le prigionie interiori, che sono, ad esempio, i blocchi psicologici, i complessi, i limiti caratteriali e altro».

«Esiste riposo in queste condizioni? Un uomo recluso o oppresso può restare comunque libero? E una persona tormentata da difficoltà interiori può essere libera?». Sono gli interrogativi posti dal Papa, nella sua seconda catechesi, dedicata al terzo comandamento. «Ci sono persone che, persino in carcere, vivono una grande libertà d’animo», ha osservato Francesco: «Pensiamo, ad esempio, a San Massimiliano Kolbe, o al Cardinale Van Thuan, che trasformarono delle oscure oppressioni in luoghi di luce. Come pure ci sono persone segnate da grandi fragilità interiori che però conoscono il riposo della misericordia e lo sanno trasmettere». «La misericordia di Dio ci libera», ha esclamato il Papa a braccio: «E quando tu ti incontri con la misericordia di Dio, hai una libertà interiore grande, e anche sei capace di trasmetterla. Per questo è tanto importante aprirsi alla misericordia di Dio per lasciare di essere schiavi di noi stessi».

«C’è una schiavitù che incatena più di una prigione, più di una crisi di panico, più di una imposizione di qualsiasi genere: la schiavitù del proprio ego». È il monito del Papa, che ha poi spiegato, a braccio, in cosa consista questo tipo di schiavitù molto diffusa: «Quella gente che sembra che tutta la giornata si sta rispecchiando nello specchio per vedere l’ego, e il proprio ego ha una statura più alta del proprio corpo. Sono schiavi dell’ego». L’ego, infatti, per Francesco «può diventare un aguzzino che tortura l’uomo ovunque sia e gli procura la più profonda oppressione, quella che si chiama ‘peccato’, che non è banale violazione di un codice, ma fallimento dell’esistenza e condizione di schiavi». «Il peccato, alla fine, è dire e fare ego», ha sintetizzato il Papa ancora a braccio: «Voglio fare questo, questo, questo, e non mi importa se c’è un limite, se c’è un comportamento, e neppure non m’importa se c’è l’amore. Questo è peccato». La «vera libertà», ha spiegato infatti Francesco, non consiste soltanto «nella possibilità di scelta», che «è una parte della libertà, e ci impegniamo perché sia assicurata ad ogni uomo e donna». «Ma sappiamo bene che poter fare ciò che si desidera non basta per ad essere veramente liberi, e nemmeno felici», ha proseguito il Papa: «La vera libertà è molto di più».

«Il goloso, il lussurioso, l’avaro, l’iracondo, l’invidioso, l’accidioso, il superbo, e così via, sono schiavi dei loro vizi, che li tiranneggiano e li tormentano», ha assicurato il Papa, che al termine della catechesi ha stilato un elenco dettagliato di tutti i «vizi» e i peccati che ci rendono «incapaci di amare». «Non c’è tregua per il goloso, perché la gola è l’ipocrisia dello stomaco, che è pieno ma ci fa vedere che è vuoto», ha esordito Francesco: «Non c’è tregua per il goloso e il lussurioso che devono vivere di piacere; l’ansia del possesso distrugge l’avaro, sempre ammucchiando soldi e facendo male agli altri; il fuoco dell’ira e il tarlo dell’invidia rovinano le relazioni». «Gli scrittori dicono che l’invidia fa venire giallo il corpo e l’anima», ha aggiunto a braccio: «Come quando una persona ha l’epatite, e diventa gialla, gli invidiosi fanno gialla l’anima, perché mai possono avere la freschezza della salute dell’anima. L’invidia distrugge». No, inoltre, all’accidia, «che scansa ogni fatica rende incapaci di vivere», e all’»egocentrismo superbo, quell’ego di cui parlavo», che «scava un fosso profondo fra sé e gli altri».

Il «vero schiavo, colui che non conosce riposo», è allora «chi non è capace di amare». «E tutti questi vizi, questi peccati, ci allontanano dall’amore e ci rendono incapaci di amare», ha proseguito il Papa ancora una volta fuori testo: «Siamo schiavi di noi stessi e non siamo capaci di amare, perché l’amore è sempre verso gli altri». «Il terzo comandamento, che invita a celebrare nel riposo la liberazione, per noi cristiani è profezia del Signore Gesù, che spezza la schiavitù interiore del peccato per rendere l’uomo capace di amare», ha concluso Francesco: «L’amore vero è la vera libertà: distacca dal possesso, ricostruisce le relazioni, sa accogliere e valorizzare il prossimo, trasforma in dono gioioso ogni fatica e rende capaci di comunione. L’amore rende liberi anche in carcere, anche se deboli e limitati. Questa è la libertà che riceviamo dal nostro Redentore, il Signore Gesù Cristo».

Salutando i pellegrini di lingua inglese, il Papa si è rivolto in particolare al gruppo internazionale di giovani studenti cattolici, venuti a Roma per un incontro di studio in vista del prossimo Sinodo sui giovani. Francesco ha salutato, inoltre, anche i giornalisti e gli insegnanti che partecipano al seminario organizzato dalla Pontificia Università della Santa Croce.

«La Madonna difende la fede e la Chiesa nei pericoli», ha detto il Papa salutando i pellegrini polacchi ha ricordato la memoria del Santissimo Nome di Maria, che si celebra oggi. «Nella storia del mondo – ha sottolineato Francesco – le sorti, le speranze e le lacrime di tantissime persone si sono intrecciate con il suo nome. anche oggi lei unisce nella preghiera i milioni di cuori che le rendono omaggio, implorano la sua intercessione, il suo aiuto e il suo soccorso. Venerando il nome di Maria, rendiamo grazie per la sua presenza nella vita della Chiesa e di ognuno di noi». Salutando al termine dell’udienza, i giovani, gli anziani, gli ammalati e gli sposi novelli, il Papa si è rivolto a braccio a questi ultimi: «Agli sposi novelli dico che sono coraggiosi, perché in questo tempo ci vuole coraggio per sposarsi. E sono bravi per questo».

Durante i saluti ai fedeli di lingua italiana, il Papa ha salutato, tra gli altri, i partecipanti al meeting nazionale dei giornalisti, accompagnati dal vescovo di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, mons. Carlo Bresciani, la Federazione italiana sport cinofili, la Federazione delle associazioni della terza età e l’associazione italiana di oncologia media.