Vita Chiesa

Polonia, funerali del card. Glemp: «Una vita spesa per la Chiesa in Polonia»

Il presule ha ricordato le difficoltà incontrate dal card. Glemp nel 1981 quando gli venne consegnato il lascito del grande primate polacco Stefan Wyszynski ed ha sottolineato che il ministero del defunto cardinale si svolse sotto lo «sguardo paterno» di Giovanni Paolo II. I funerali sono stati concelebrati da oltre 80 cardinali e vescovi, polacchi e stranieri, fra i quali i cardinali Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia, Péter Erdõ, arcivescovo di Budapest e presidente del Ccee, Martinez Sistach, arcivescovo di Barcellona, Dominik Duka, arcivescovo di Praga, Josip Bozanic arcivescovo di Zagabria e il card. Stanislao Rylko. Erano presenti anche il presidente Bronislaw Komorowski e i presidenti di entrambe le camere del parlamento polacco, l’ex presidente del parlamento europeo Jerzy Buzek e l’ambasciatore polacco presso la Santa Sede Hanna Suchocka. Hanno partecipato infine il capo di Solidarnosc Lech Walesa e il primo presidente del consiglio dei ministri della Polonia democratica Tadeusz Mazowiecki.

«In primo luogo ringrazio Dio per il dono della fede». È uno stralcio del testamento del cardinale polacco Jozef Glemp morto mercoledì scorso all’età di 83 anni. Il documento, letto questa mattina alla fine della cerimonia funebre dall’arcivescovo di Varsavia, il card. Kazimierz Nycz contiene anche l’affermazione solenne: «Nonostante tutte le debolezze e i peccati, la mia fede è stata ininterrotta e continua». Il cardinale ringrazia nel testamento i genitori «per il dono della vita e per aver risvegliato in lui degli ideali che indussero a uscire dalla povertà e dalla mediocrità conseguenti all’occupazione nazista e la successiva confusione» in Polonia, chiedendo perdono «per tutte le inadempienze e debolezze».

L’ex primate polacco è stato inoltre salutato solennemente dal presidente della Repubblica di Polonia che, sottolineando il profondo amore per la patria del card. Glemp, ha ribadito che «è stato capace di agire non solo in nome delle emozioni patriottiche ma anche in conformità a una valutazione ragionevole della situazione, delle ragioni di stato e del popolo». «La sua vita e le sue opere e meriti appartengono oramai alla storia della Chiesa e del Paese», ha concluso il presidente Komorowski.