Vita Chiesa

Sinodo Amazzonia: Ruffini, «ordinazione uomini sposati è una proposta. Il Sinodo è appena cominciato, non sappiamo dove porterà»

«L’esigenza è ricevere i sacramenti», ha spiegato Ruffini: «C’è una proposta dell’Instrumentum laboris, sicuramente non è l’unica. Lasciamo che il Sinodo faccia il suo discernimento e ne affidi il risultato al Papa»: «La relazione del card. Claudio Hummes è molto ben fatta, molto completa», ha aggiunto mons. Emmanuel Lafont, vescovo di Cayenne, nella Guyana Francese. Anche secondo mons. David Martínez De Aguirre Guinea, vicario apostolico di Puerto Maldonado, in Perù, il card. Hummes «ha riassunto in modo eccellente l’Instrumentum laboris, riprendendone i temi, le preoccupazione dei popoli indigeni e dei pastori. Dobbiamo accettare la sfida e impegnarci a trovare risposte».

«Spero di essere ascoltato dai miei fratelli vescovi francesi, che sono molto lontani da noi». Così mons. Emmanuel Lafont, ha risposto a una domanda dei giornalisti rispetto all’accoglienza del Sinodo per l’Amazzonia nella sua nazione di riferimento. «Ci sono anche altri luoghi in cui si pensa che questo Sinodo sia un pericolo», ha fatto notare il vescovo durante il briefing di oggi in sala stampa vaticana, il primo dei lavori sinodali. «Dobbiamo essere coscienti che quando il Sinodo si interroga, lo fa per tutti», l’invito del presule, che si è soffermato in particolare sulla situazione del Suriname, 300mila abitanti in tutto, nei cui villaggi vivono «persone che si sentono abbandonate dallo Stato e non si sentono più libere nella loro terra»: «I giovani si distaccano dai genitori e la diffusione delle culture tradizionali amerindie non si fa più. I figli imparano cose che i genitori non sanno, e così si crea una grande distanza tra le generazioni. I genitori non si sentono riconosciuti da nessuno e ciò porta a molti suicidi». «Per arrivare nel villaggio più lontano ci ho messo tre giorni», ha raccontato Lafont: «Ho scelto di visitare il Suriname il più spesso possibile. Sono i più abbandonati». «La Chiesa è troppo assente dall’Amerindia», la denuncia del presule, che ha fatto notare come ci siano «grandi aspettative verso questo Sinodo. Bisogna riconoscere le nostre colpe di fronte a questi popoli, che si battono affinché i loro diritti vengano riconosciuti. La Francia, ad esempio, non riconosce i diritti delle popolazioni autoctone».

«Le donne in Amazzonia svolgono un ruolo di primo piano, che ci auguriamo che la Chiesa riconosca sempre di più». Lo ha detto suor Alba Teresa Cediel Castillo, delle Suore Missionarie di Maria Immacolata e di SS. Caterina da Siena, in Colombia, intervenendo al primo briefing del Sinodo per l’Amazzonia. «Noi donne siamo una presenza costante», ha detto la religiosa colombiana rispondendo alle domande dei giornalisti: «Xi occupiamo di istruzione, di sanità, aiutiamo le indigene in progetti di sviluppo. Amministriamo i battesimi, quando il sacerdote non può essere presente a causa delle enormi distanze, e anche i matrimoni: se qualcuno si vuole sposare, c’è la possibilità che noi lo facciamo. Se una persona viene in chiesa e chiede di confessarsi, noi l’ascoltiamo, anche se non possiamo dare l’assoluzione. Siamo vicine anche a quelle persone che si trovano a contatto con la morte». Interpellata sul fatto che le donne presenti al Sinodo non abbiano diritto di voto, la religiosa ha risposto: «Ci arriveremo piano piano: non possiamo fare molta pressione». Citando la figura della prima santa colombiana, Laura Montoya, fondatrice del suo istituto, suor Alba ha fatto notare che «nel 1914, quando si è stabilita nel mezzo della foresta amazzonica, ha rotto gli schemi, per poter dedicare tutta la sua vita alle sorti dei popoli indigeni. Oggi siamo presenti in 6 dei 9 Paesi della regione amazzonica». La religiosa ha definito quella della donna in Amazzonia «una situazione molto triste, a causa delle enormi distanze geografiche e dei problemi che si stanno presentando con le migrazioni interne, il narcotraffico, la guerriglia». Tutte situazioni, queste, che le donne fronteggiano in prima linea: «La povertà, in mezzo a tanta ricchezza, porta le donne ad andare nelle grandi città, dove la situazione per loro è estremamente dura».