Vita Chiesa

Anziani assistiti in casa con l’aiuto delle parrocchie

di Renato G. GhilardiIncaricato regionale per la Commissione per il servizio della salute

Il tema della XIX Giornata Mondiale del Malato, che riprende il passo della 1ª Lettera di San Pietro «Dalle sue piaghe siete stati guariti» e rappresenta la sintesi del Messaggio del Santo Padre, costituisce una preziosa occasione per riflettere con attenzione sul mistero della persona nel suo rapporto con il mistero della sofferenza. Gesù non è venuto a togliere la sofferenza, né a spiegarla: è venuto a riempirla e darle senso con la sua presenza. Egli è accanto a noi, condivide la nostra sofferenza e la vive fino in fondo con noi.

Quella cristiana è un’antropologia della totalità ed integralità dell’uomo. Unitotalità fisica, psichica e spirituale che coinvolge non soltanto l’aspetto soggettivo e spiritualistico, ma anche l’aspetto corporeo, che rifugge il dualismo anima/corpo recuperando la persona umana come spirito incarnato e corpo spiritualizzato.

La dignità della persona e il mistero del doloreIl mistero della persona non è riducibile ad una serie di dati e non è oggettivabile. L’uomo è persona perché è l’unico essere in cui la vita diventa capace di riflessione su di sé, ma trascende anche l’autocoscienza. La persona umana ha tutta la sua dignità anche quando non ha la capacità di fare proprie scelte, anche quando è debole, colpita da disabilità psico-fisica grave, in stato vegetativo, oppure ai primissimi stadi embrionali  del suo sviluppo. Vale, quindi, in primo luogo per quello che è e non soltanto per le scelte che fa o farà. La dignità della persona non si misura col funzionalismo, ma è tale in quanto costitutiva dell’uomo.  

La persona umana va rispettata perché va al di là e trascende, nel mistero della sua libertà e responsabilità, il mondo biologico, l’universo, la società, la storia, il tempo. Dal momento del concepimento fino alla morte naturale, in ogni situazione di sofferenza e di salute, la persona integralmente considerata è il punto di riferimento e il criterio ultimo e il criterio di liceità/illiceità dell’intervento dell’uomo sulla vita ove è in gioco il valore stesso della vita e il bene della persona.

Il grande filosofo Emmanuel Mounier, a proposito della grave e irreversibile patologia che aveva colpito la figlia Francesca, scrive alla moglie: «Che senso avrebbe tutto ciò se la nostra povera, piccola bambina fosse soltanto un frammento di carne inabissato non si sa dove, un po’ di vita accidentata, e non questa bianca, piccola ostia che tutti ci sorpassa, un’infinità di mistero d’amore che ci abbaglierebbe se noi la guardassimo faccia a faccia?».

Quindi, è alla persona che si deve rapportare la ricerca, l’assistenza medica, l’organizzazione delle risorse mondiali in campo sanitario; e ciò deve valere per tutte le persone e per tutto l’arco della vita della persona, senza discriminare la vita prenatale dalla postnatale, la vita senile, la vita malata. 

In quest’ottica possiamo comprendere fino in fondo l’affermazione di San Pietro. Se Dio è compassione, condivisione in Cristo della nostra natura umana e, con la sua presenza, riempimento e senso della sofferenza, allora soltanto dalle «sue» piaghe potevamo essere guariti e salvati. È il grande mistero che costituisce  l’unicità della nostra fede: quello della redenzione non era un sacrificio che Dio poteva delegare, ma doveva assumerlo su di sé, per poi completare nella resurrezione la salvezza dell’intera umanità e di ogni singola persona.La difficoltà di coniugare il piano dell’ontologia, dell’essere persona (identità personale) con il piano etico, che tocca il rapporto interpersonale, è risolto da Sant’Agostino nel De Civitate Dei con il valore dell’interpersonalità: è dalla carità che proviene la capacità di istituire un vincolo intersoggettivo. Il modello supremo è la Trinità (unione delle Persone Divine a modello dell’unione dei figli di Dio), dove il vincolo diviene mistero di fede e manifesta questa capacità comunionale. La salvezza è, quindi, comunione, mentre il peggior inferno è l’odio che impedisce di istituire un vincolo interpersonale: pensiamo al grido disperato e solipsista di Sartre che affermava: «L’inferno sono gli altri per me». Il rispetto per la vita, un diritto inalienabileChe cosa significa promuovere il rispetto della vita? Innanzitutto cogliere l’appartenenza originaria di vita e persona e cogliere diritti e doveri che ineriscono all’ordine della giustizia e consentono di stabilire un confine tra lo stadio subumano della violenza e lo stadio civile della convivenza. È un livello che riguarda anche la società civile. Riguarda l’ordine della giustizia, cioè la capacità di dare a ciascuno il suo a seconda delle sue condizioni, dando a chi ha più bisogno. In questo senso la giustizia rappresenta un grande passo in avanti rispetto all’ordine della violenza («quello che è tuo è mio»). Per la prospettiva cristiana si pone l’orizzonte trascendente dell’Amore («quello che è mio diventa tuo») che interpella direttamente la coscienza dei credenti e li chiama a trasfigurare la dimensione della giustizia in quella del dono. Con la misericordia «il mio diventa tuo anche quando lo rifiuti, sei misero e non lo meriti». Il diritto alla vita è un diritto originario ed inviolabile perché la vita è un bene fondamentale ed è condizione necessaria per realizzare la vocazione della persona umana e per l’acquisizione di altri beni.

Questi principi etico-antropologici, che stanno alla base dell’amore della Chiesa per l’uomo, si concretizzano in traduzioni pratiche ed operative, espresse anche nelle numerose iniziative presenti nelle nostre diocesi.

L’accordo tra Cet e Regione per i servizi agli anzianiA questo proposito merita ricordare che la Conferenza Episcopale Toscana ha recentemente concordato con la Regione Toscana un Protocollo d’intesa, tramite la Commissione per il servizio della salute e l’Assessorato regionale al Diritto alla salute, finalizzato ad attivare presso parrocchie, enti e associazioni ecclesiali, azioni e interventi di sostegno all’autonomia della persona anziana fragile, favorendone, laddove possibile, la permanenza presso il proprio domicilio.

Il Protocollo, che sarà tra breve sottoscritto dalle Parti, intende anche sostenere lo sviluppo di azioni promozionali e informative tese a favorire l’accesso al sistema integrato dei servizi e delle cure previsti dal servizio pubblico per la persona anziana. Inoltre, si prefigge di implementare una rete capillare di punti di ascolto e di riferimento atti a sostenere la domiciliarità per tutte quelle persone anziane che siano portatrici di bisogni che non rientrano come prestazioni specifiche dei servizi istituzionali. Si tratta di rafforzare i tanti servizi di prossimità, già in grandissima parte svolti dalle parrocchie, dalle Caritas diocesane e parrocchiali, dalle associazioni del volontariato cattolico.

Grazie a questo nuovo ed ulteriore rapporto della CET con la Regione Toscana, che in parte cofinanzia il Progetto, è possibile favorire la creazione di relazioni sociali significative facendo sentire la persona anziana meno sola, animando le risorse territoriali già esistenti con l’attivazione e il coinvolgimento di familiari, vicinato, conoscenti ed amici.

Tale Progetto, inserito nel quadro più ampio delle azioni proprie della pastorale ecclesiale e della carità cristiana e coerente con la sollecitudine spirituale e operativa della Chiesa nei confronti dei più deboli, vuole costituire un forte segnale di attenzione nei confronti della persona anziana, in particolare per vincerne la fragilità, spesso  fatta di solitudine, di povertà materiali, affettive e spirituali, di rischi che la espongono al penoso passaggio alla non autosufficienza.