Vita Chiesa

CARD. BAGNASCO: UNA CHIESA SENZA CRISTO SI RIDUCE A STRUTTURA DI POTERE

«Cristo senza la Chiesa è realtà facilmente manipolabile e presto deformata a seconda dei gusti personali, mentre una Chiesa senza Cristo si riduce a struttura solo umana e in quanto tale struttura di potere». Lo ha detto il card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nella prolusione con cui ha aperto questo pomeriggio a Roma l’evento internazionale “Gesù nostro contemporaneo”, promosso dal Comitato Cei per il progetto culturale. “Nessuna salvezza è possibile senza incontrare personalmente Gesù vivo e vero nella sua comunità che è la Chiesa”, ha proseguito il cardinale, che ha spiegato: “Separare Cristo dalla sua Chiesa è operazione che conduce alla falsificazione sia dell’uno che dell’altra”. Il cardinale ha stigmatizzato, in particolare, il “riduzionismo mediatico”, che “fa spesso una lettura esclusivamente ‘politica’ e quindi univoca e parziale” della Chiesa. “Certo – ha ammesso il card. Bagnasco – anche la Chiesa può essere ferita dalla realtà del peccato, poiché nel suo seno raccoglie santi e peccatori”. “Lo scandalo, le infedeltà, le fragilità dei singoli sono sempre possibili” – ha proseguito – ed “è compito della Chiesa accompagnare e sostenere i suoi membri nel cammino verso la santità”, ma “il peccato non può mai avere legittimamente come causa la Chiesa, che “santa e insieme sempre bisognosa di purificazione vive di Cristo e dell’annuncio di Lui come salvatore del mondo”. “Gesù è salvatore – l’affermazione di fondo del card. Bagnasco – e la forza salvifica della sua presenza nella storia va ribadita con tutta chiarezza a fronte di una opacizzazione della figura di Cristo attraverso la sua riduzione a ‘maestro interiore’, a ‘mito’, a ‘cifra di una bontà generica’ ma senza fondamento, a ‘fonte di consolazione’ per tamponare l’ansia esistenziale in forme religiose autoreferenziali”. Tutte figure, queste, di “non credenza, di credenza blanda e intermittente” che partono da una “distorsione di fondo che porta a leggere Gesù a partire da bisogni soggettivi”. Oggi, infatti, ha ribadito il cardinale, c’è “una strana reticenza a dire Gesù” che rischia di trasformare i credenti in “ripetitori stanchi di un cristianesimo scontato e insipido”. Di qui la necessità e l’urgenza di “una stagione di nuova evangelizzazione”, a partire dalla consapevolezza che l’uomo “fuori da Cristo, facilmente perde se stesso” e che la questione “sul senso ultimo e definitivo della vita e del mondo, sull’enigma del tempo e della morte” è “la questione che attraversa la storia umana”. “La fede in Gesù è l’incontro tra due inquietudini: quella di Dio e quella dell’uomo”,ha concluso il cardinale: “L’inquietudine premurosa di Dio diventa il passo e lo stile di Gesù nella sua vicenda umana, da Betlemme al Calvario, e al contempo raggiunge ogni propaggine di umanità”. (Sir)