Lettere in redazione

Perché un cattolico critica il «motu proprio» sulla Messa?

Caro Direttore,mi riferisco alla lettera del signor Salvati di Viareggio, pubblicata su «Toscana Oggi».Mi sorprende amaramente che un cattolico, come credo sia il sopradetto lettore, esprima parole di giudizio sfavorevoli nei confronti del nostro Papa Benedetto XVI, che ha voluto stendere una mano, come da tutti è stato ribadito, verso gli appartenenti al movimento scismatico lefebvriano e non mettere in dubbio assolutamente i principi del Concilio Vaticano II.

Il celebrare la S. Messa, in alcuni casi, in lingua latina, significa anche mantenere le nostre tradizioni culturali e naturalmente spirituali.

Maria Felicita CecconiPrato

Gentile signora Felicita, ordinariamente nella scelta e nella pubblicazione delle lettere non operiamo alcuna censura preventiva, almeno che non si tratti «di scritti offensivi» nei confronti di persone o istituzioni. La lettera, a cui lei fa riferimento (I vescovi lefebvriani e il Concilio), non presentava alcun elemento al riguardo.

C’è un criterio a cui ci atteniamo, nei limiti del possibile: ed è la varietà degli argomenti e l’interesse che possono suscitare tra i lettori. Era questo il caso di quella lettera che si riferiva al fatto che Benedetto XVI aveva tolto la scomunica ai seguaci di mons. Lefebvre e iniziava così un cammino lungo e faticoso di verifica della loro posizione, soprattutto in ordine al loro riconoscimento dei dettami del Concilio Vaticano II e del successivo magistero dei Pontefici (Paolo IV e Giovanni Paolo II); del resto il fatto in sé ricopriva e ricopre un indubbio interesse, non solo ecclesiale.

Noi pensiamo che la rubrica «Le Lettere» rappresenti un’occasione di confronto e di dibattito tra cristiani e di questo si sente necessità. Tutto questo avverrà se i seguaci di Lefebvre non si conformano su posizioni oggettivamente insostenibili. Ogni soluzione è così nelle loro mani.

Riguardo alla possibilità di celebrare a determinate condizioni, la Messa in latino, non c’è da scandalizzarsi: oltre a tutto si salvaguarda un patrimonio anche culturale, di cui la Chiesa è depositaria. È la Chiesa che nel suo cammino nel tempo e nella storia coglie elementi che se appaiono positivi li sviluppa e li analizza. E così con spezzoni di storia coinvolgente si affrontano argomenti delicati (come l’omosessualità e l’eutanasia o l’aborto) che aiutano a riflettere.

Alberto Migone