Il film: “Enea”, una ventata d’aria fresca nel cinema nostrano

Di nuovo dietro la macchina da presa dopo l'interessante «I predatori», torna in sala Pietro Castellitto con «Enea», un gangster movie anomalo e bizzarro presentato in concorso al Festival di Venezia, un film che conferma un talento in piena evoluzione.

Nella mitologia capitolina Enea non è certo una figura secondaria: fondatore della città cantato da Virgilio, Enea è anche e soprattutto il campione dei valori tradizionali del mos maiorum, in modo particolare della famiglia. In fuga da Troia in fiamme con l’anziano padre sulle spalle e il figlioletto tenuto per mano, Enea rappresenta pienamente le virtù filiali e parentali della Roma tradizionale.

Chi è però Enea nella Roma contemporanea? Quello scritto, diretto e interpretato da Pietro Castellitto nel suo secondo film è ugualmente legato alla famiglia, e continua a ribadirne il valore anche quando la madre e l’amico fraterno discutono di come si starebbe in realtà molto meglio senza. La famiglia che “ha senso” per Enea, però, è solo quella che opera e si percepisce come “un clan”, un unico organismo accomunato da fini comuni e da assoluta lealtà.

Sono queste le premesse di una storia in stile true crime che però percorre binari del tutto propri. Come sottolineato da Castellitto stesso, «Enea» è un “film di genere senza il genere”, un unicum a sé stante indefinibile e quasi ipnotico, caratterizzato da uno stile registico giovane, inventivo, che sperimenta continuamente con nuove suggestioni visive.

La storia in sé non presenta particolari novità sul panorama di una Roma criminale che è diventata ormai elemento ricorrente nel cinema nostrano: due ragazzi diventano spacciatori di cocaina nel mondo delle feste di lusso e delle famiglie altolocate della vita capitolina, fanno una vita da re finché non tentano il passo più lungo della gamba, in una sorta di versione aggiornata e rivista de «La sfida» di Francesco Rosi.

Se la colonna sonora sforna pezzi di un tempo radicalmente diverso da quello rappresentato che torna solo come desiderio nostalgico («Spiagge», «Maledetta primavera», «Bandiera gialla»…) il film in realtà mette in immagini altre canzoni, quelle firmate dal coprotagonista esordiente, il rapper Tutti Fenomeni, al secolo Giorgio Quarzo Guarascio.

Quello che conta davvero, però, è lo sfondo della vicenda principale, vero e proprio manifesto che rimanda direttamente al nome del protagonista: è la famiglia al centro della visione disillusa e amareggiata di Castellitto, una famiglia fatta di madri, padri e figli sempre a un passo dal crollo, disperatamente soli anche nel mezzo del decantato “clan”, spesso letteralmente “fuori fuoco”.

La regia è al servizio della narrazione, e tra una fotografia che si adatta allo stato psicofisico dei personaggi e qualche virtuosismo di zoom con cui il regista gioca volentieri, emerge potente lo stacco continuo sui baci: la figura del padre come ricordata da Adamo Dionisi non hai mai dato un singolo bacio, ed ecco allora che la macchina da presa si spegne ogni volta che qualcuno si scambia effusioni, anche filiali. Solo quando finalmente, come profetizzato dal libro del pomposo Giorgio Montanini, tornano i baci, lo fanno per un finale surreale, liberatorio ma non liberante, una riscoperta intimità e gioia familiare quando il mondo intorno si sfalda definitivamente.

Modernissimo nella messa in scena e per molti versi audace, «Enea» è un film sorprendente, che ribalta le aspettative legate al genere di riferimento e tenta la via di una narrazione nuova, una ventata d’aria fresca che nell’ambito del cinema nostrano è sempre una piacevolissima sorpresa.

ENEA di Pietro Castellitto. Con Pietro Castellitto, Giorgio Quarzo Guarascio, Benedetta Porcaroli, Giorgio Montanini. Italia, 2023. Drammatico.