Biagi e la lite con la Chiesa

Caro Direttore,sabato 20 luglio il giornale «La Stampa» di Torino, uno dei principali quotidiani italiani, ha dedicato due intere pagine alla vicenda dell’assassinio del professor Marco Biagi autore dell’ormai famoso «libro bianco» sul quale si fonda il progetto di riforma presentato ai sindacati dal governo Berlusconi, tutt’oggi alla base di un’aspra polemica tra le forze politiche e particolarmente tra il segretario generale della Cgil Sergio Cofferati e la maggioranza governativa.

Il giornale torinese titolava il lungo e dettagliato servizio con queste parole: «Il giorno in cui Biagi litigò con la Chiesa». Altro titolo stava con minore evidenza in testa alla prima pagina e recitava testualmente così: «Esclusivo: i documenti dello scontro tra il professore assassinato e i delegati del ministero del lavoro della Santa Sede».

Lo spazio limitato che è giustamente riservato alla posta col Direttore, m’impedisce di affrontare partitamente il tema, però, pur non avendo la pretesa di insegnare nulla, inviterei gli Ecc.mi Vescovi ed i cattolici toscani a fare una meditazione sul servizio. Non solo, ma un riesame accurato del tema e dei problemi connessi alla tormentata questione della riforma dello statuto dei lavoratori, documento che ha ormai superato i trenta anni di vita e risente visibilmente di una componente ideologica che al momento della sua approvazione mirava, senza ipocrisie, alla demonizzazione o se si preferisce alla demolizione del sistema economico che bene o male ha preservato l’occidente dai disastri e dalla disperata rovina economica che ha colpito i paesi totalitari e marxisti.

È pur vero che il capitalismo o il liberismo selvaggio non vanno d’accordo con il profondo insegnamento evangelico e, ad onor del vero, neppure con l’etica laica di una società giusta.

Ciò che avviene nel mondo occidentale con l’estendersi della caratterizzazione finanziaria dell’economia è prova indiscussa di responsabilità gravi pagate dalle perdite talvolta irreparabili dei risparmiatori, vittime di criminali truffe. Il mondo cattolico apra gli occhi perché a qualcuno sorride l’idea di coinvolgere la Chiesa in responsabilità analoghe a quelle che stanno turbando i sonni della sinistra estrema e violenta di cui è ormai parte il più intransigente ed arrogante sindacato.

Poi, se è consentito, coloro che facevano parte della delegazione Vaticana in occasione dell’incontro con il compianto professor Biagi, abbiano l’umiltà di documentarsi ed approfondire i temi del lavoro oggi, ascoltando anche quella parte, non di stretta osservanza sindacale alla quale è doveroso far credito di buona fede e di preparazione scientifica come il professor Marco Biagi, caduto vittima dell’odio di classe nel giorno dedicato al ricordo di S.Giuseppe, padre putativo di Gesù di Nazareth e patrono dei lavoratori.Umberto MartiniMassa La voglia di scoop, che è insita nel dna di ogni giornalista, gioca talvolta dei brutti scherzi. Capita così che un giornale, per il solito non avvezzo a cantar sopra le righe, si ritrovi fra le mani un documento interessante (perché permette di farsi un’idea chiara delle tesi dell’economista bolognese) ma non rendendosene conto fino in fondo decide di cucinarlo con tante di quelle spezie da farne perdere il sapore… E il lettore più sprovveduto che si ferma solo ai titoli (magari senza accorgersi anche dell’errore grossolano di definire «ministero del lavoro della Santa Sede» la Consulta nazionale per il lavoro della Cei) finisce per farsi l’idea che il succo di quelle due pagine sia l’incomprensione della Chiesa per il povero Biagi.Una lettura attenta dell’«ampia sintesi» del dibattito pubblicata da «La Stampa» porta a tutt’altre conclusioni. In tutti gli interventi riportati emerge infatti la «fortissima preoccupazione» di chi ha la responsabilità della pastorale sociale e del lavoro nelle Diocesi che le misure allo studio del governo abbiano un impatto negativo sulla nostra società. Insomma, i «pastori», giustamente, facevano i «pastori» e non gli economisti. Non spetta certo alla Chiesa dire se sia giusto o meno sospendere l’applicazione dell’art.18 ad una parte di nuovi occupati. Quello che preoccupa è il clima di scontro sociale che una misura del genere può alimentare nel Paese.Per quello che leggiamo (ma sarebbe interessante avere la trascrizione completa dell’incontro) furono avanzate molte obiezioni a Marco Biagi, il quale però ebbe modo di spiegarsi, di motivare le sue scelte e di fare anche autocritica per un «libro bianco», come lui stesso ammette, frutto di «un po d’improvvisazione».Il resoconto ufficiale dell’incontro Ufficio PSL con Marco Biagi