Dal Censis la conferma: la pandemia non ci ha resi migliori

Caro direttore,dal rapporto Censis emerge che l’Italia è «una ruota quadrata che non gira: avanza a fatica, suddividendo ogni rotazione in quattro unità, con un disumano sforzo ogni quarto di giro compiuto, tra pesanti tonfi e tentennamenti». Ma quello che più preoccupa è che in questo anno l’Italia si è riscoperta «spaventata, dolente, indecisa tra risentimento e speranza». Il 73,4% degli italiani indica «nella paura dell’ignoto e nell’ansia conseguente il sentimento prevalente». Il 57,8% dei cittadini si dice anche disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della salute collettiva («meglio sudditi che morti», sintetizza il Censis) e ancora di più sono coloro che chiedono pene severe per chi non rispetta le regole anti-contagio. E «tra antichi risentimenti e nuove inquietudini» persino la pena di morte – rileva con «sorpresa» il Rapporto – torna «nella sfera del praticabile», raccogliendo il 43,7% dei consensi. Infine un giovane su due (49,3%) ritiene giusto che i suoi coetanei siano curati prima degli anziani. Sono numeri che ci disegnano una realtà preoccupante: che cosa ci sta succedendo?

Lettera firmata

Cosa ci sta succedendo si chiede il nostro lettore che prende in esame alcuni spunti dell’ultimo Rapporto Censis presentato la settimana scorsa. In realtà nell’analisi manca un incipit: questo è stato l’anno della pandemia cui, invece, il nostro lettore fa un accenno, per altro solo velato, nella parte finale. Lo fa quando, parlando di giovani, ci ricorda che dal Rapporto emergere un egoismo generazionale se è vero che il 49% dei giovani ritiene giusto che i loro coetanei debbano essere curati prima degli anziani. Praticamente 5 italiani su 10, di età compresa tra 23 e 39 anni, sarebbero pronti a sacrificare gli over 65 nell’accesso alle cure.

Visto che i primi a dire una cosa del genere sono stati alcuni politici, la domanda la rivolgo io al nostro lettore: si meraviglia? Non vorremmo fosse successo, e speriamo che eventualmente i casi siano stati pochi, ma a sentire alcuni resoconti nella prima emergenza questo negli ospedali già è avvenuto. In primavera si diceva che saremmo stati migliori e invece ci stiamo accorgendo che tra le conseguenze questo virus lascia paura e ansia, e ciò senza distinzione tra giovani e anziani. Ecco perché, con buona pace di qualche presidente di Regione, alla fine gli italiani sarebbero pronti anche ad altri sacrifici personali, a privazioni di libertà, se avessero la certezza che tutto questo servisse a fermare il Covid-19. Una certezza che purtroppo nessun governo può, al momento, dare.

E poiché non siamo migliori ecco che riaffiora anche l’idea di punire i colpevoli di gravi delitti con la pena di morte. Quasi che anche questa potesse servire a fermare la pandemia quando sappiamo bene che sulla terra non c’è giudice che possa arrogarsi un diritto come quello di spezzare, né all’inizio né alla fine, il dono della vita. Infine sull’economia: il nostro è un Paese dove già prima la ruota si muoveva a bassisimi giri.

Non può quindi meravigliarsi il nostro lettore se il Censis, dopo quasi 10 mesi d’emergenza, parla di «ruota quadrata». Anche un bimbo sa che non può girare se non spinta con forza o da qualche strumento. Speriamo che a Roma trovino forza e strumenti, o abbiano la folgorazione di fermarsi in un’officina e cambiare la ruota quadrata con una circolare.