Qualcuno indichi soluzioni concrete per le giovani coppie

Premesso che la contrazione delle nascite parte dall’ultimo quarto del secolo scorso ed è dovuta a tanti fattori culturali, economici, famigliari, lavorativi e sociali. Le risposte attuate nel passato sono divenute insufficienti, anche per le evidenti trasformazioni intervenute sul versante lavorativo. Va ricordato che l’Assegno al Nucleo Familiare, con le sue varie tipologie, è stato istituito con legge del 1986, quando il mondo del lavoro era costituito da una stragrande maggioranza di lavoratori dipendenti. Negli ultimi tempi è andata sempre più aumentando la platea di piccoli artigiani o, comunque, partite Iva, i quali sono esclusi dal poter accedere ai benefici dell’ANF in quanto pensato soltanto per i lavoratori e lavoratrici dipendenti, del settore privato o pubblico. Come persona attenta alle politiche sociali faccio notare che le nascite in ambito famigliare sono da considerata un valore sociale, per il quale le comunità dovrebbero gareggiare nell’offrire un proprio contributo specifico. Economisti e sociologi attenti alle evoluzioni sociali dovrebbero utilizzare i mezzi di informazione per offrire analisi e proposte nuove sul piano normativo. Se non passa questo concetto di fondo anche i Convegni nazionali a difesa della famiglia non portano a soluzioni concrete, lasciando il tempo che trovano. Finalmente, con il Governo Conte bis e con la neo Ministra alla famiglia ed alle Pari opportunità, Elena Bonetti di Mantova si è imboccata la strada giusta, parlando di sostegno universale, dello Stato, alla maternità, e ricevendo il plauso anche dal cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI. Pertanto, considero non più rinviabile una revisione, sul piano normativo, dell’Istituto degli assegni familiari debba avvenire, incominciando con il togliere la separazione fra reddito da lavoro dipendente ed autonomo, tenendo conto che i lavoratori e lavoratrici in proprio sono aumentati all’infinito rispetto a 35 anni fa. Ancora oggi, con la legge 153/86 se uno dei coniugi svolge attività in proprio ed il suo reddito supera (come è probabile) il 30 % del reddito familiare complessivo non è possibile, in assoluto, avere l’ANF. E nessun sociologo lo ha mai evidenziato! E coloro che, attualmente, mettono in risalto «prima gli italiani» continuano ad affermare parole menzognere. Eventualmente preoccupiamoci che ogni attività lavorativa venga svolta regolarmente, con rapporto assicurativo e previdenziale, perché questo è e deve essere l’obbiettivo da perseguire. E poi ciascuno deve versare regolarmente le tasse sulla base del reddito conseguito, a prescindere che sia lavoratore dipendente o autonomo, o altro. Poiché la riforma auspicata comporterà ulteriori costi sociali mi pare di poter concludere che, per onestà intellettuale verso le nuove generazioni, dobbiamo aprire la strada alla «democrazia economica», la quale prevede che ogni persona, a prescindere dall’età, possa determinare le scelte strategiche della vita e del futuro.

Giuseppe Delfrate

L’analisi del nostro lettore, che ci aveva inviato la sua lettera prima – ed è una giusta premessa – che noi ci occupassimo degli ultimi dati sulla denatalità, coincide in parte con quella che è l’analisi fatta sulle nostre pagine dal professor Volpi nel numero scorso. Su quest’argomento, per la verità, abbiamo ricevuto anche altre opinioni di lettori e, quasi tutti, concordano nel dire che i problemi che portano le famiglie giovani a fare pochi figli sono quasi tutti di natura economica. La lettera che pubblichiamo fa un plauso al governo in carica. Plauso che, forse, potrà anche meritare ma, al momento, non ci sentiamo di condividere in tutto questo giudizio positivo. Come evidenziato dal professor Volpi, nella situazione attuale non possono bastare provvedimenti sporadici, quasi elettorali, messi in campo dal presidente Giuseppe Conte e dal suo governo. Per affrontare quella che è una vera emergenza, siamo convinti che serviranno ben altre idee, mi verrebbe da dire se non fosse troppo abusato, quasi un piano Marshall per le famiglie che magari parta da una cultura meno individualista, dove la persona torni a contare in quanto tale. Se la maggioranza dei giovani sono costretti ad aspettare 28/30 anni prima di inserirsi a pieno titolo, e sono fortunati, nel mercato del lavoro, se alle giovani coppie si pensa solo di dare il nido gratuito a spese dei Comuni, che poi aumentano le altre imposte locali per trovare i soldi, difficilmente si porrà rimedio. Ha ragione il nostro lettore a dire che ormai anche gli assegni familiari servono a poco o nulla nel bilancio di una coppia. Allora tutti i grandi economisti che si affannano a indicare soluzioni quando vanno in televisione, forse potrebbero individuare proposte diverse, che davvero influiscano nel bilancio familiare. Non tocca a noi, anche perché di allenatori, economisti, finanzieri, banchieri, politici, e ora anche virologhi, in questo Paese ce ne sono anche troppi. Noi ci limitiamo a dire che qualcuno, se non vogliamo veder morire il Bel Paese, una strada la deve indicare. Poi il governo di turno dovrà cercare di attuarla. Ai cittadini, nel segreto dell’urna, il compito di dire se è o non è quella giusta. Ma i risultati non potranno arrivare tra 10 anni: sarebbe davvero troppo tardi. Certo questi giovani non sono neppure troppo fortunati: non serviva certo il coronavirus per far precipitare ancor più giù l’economia italiana.Proviamo a uscirne tutti insieme mettendo da parte, per una volta, le ideologie e i loro tifosi.

Domenico Mugnaini