Salvini, le elezioni e il ruolo dei cattolici

L’auspicio di essere governati da chi rispetta i valori morali

Chi vi scrive è una cittadina pratese che ama questa città e vuole che sia governata da un partito che rispetti non solo i valori politici ma soprattutto quelli morali. Poiché in Italia vige il concetto «Libera Chiesa in libero Stato» questo significa anche che chi vuole governare lo Stato non deve assolutamente procacciarsi i voti dei cattolici presentandosi ai comizi elettorati con la Corona del Rosario in mano come ha fatto Matteo Salvini! Queste immagini sono apparse alla televisione su rete nazionale sia a Milano che a San Giovanni Rotondo. Questo comportamento è ancora più oltraggioso quando Matteo Salvini, come Ministro degli interni ha messo un decreto che stabilisce che è meglio lasciare gli extracomunitari morire in mare che accoglierli con pronto intervento. Giustamente bisogna invece agire con più determinazione perché queste persone che fuggono dalla guerra e dalla fame siano equamente distribuiti fra tutti i paesi dell’Unione Europea. Anche Papa Francesco condanna il traffico di esseri umani ed esorta il rispetto di ogni uomo di qualsiasi razza o religione e ovviamente si guarda bene da usare la sua autorità per influenzare il voto politico come sta invece facendo Matteo Salvini per fare propaganda elettorale!

Maria Grazia GoriPrato

Un voto deludente per i cattolici

Gentile direttore, leggo l’editoriale dell’ultimo numero del suo giornale scritto da Nicola Graziani, e credo anche io che purtroppo il risultato per noi cattolici è stato deludente, l’aver sostanzialmente tenuto i nostri voti ottenuti alle politiche non può certo lasciarci soddisfatti. La nostra presenza è troppo giovane, e la competizione amministrativa troppo difficile per ottenere miglioramenti, colgo l’occasione per dire che noi ci mettiamo a disposizione per portare umilmente il nostro mattoncino e metterlo nel «cantiere» che inevitabilmente dovrà partire al più presto, avendo come obbiettivo le elezioni regionali prossime in Toscana.

Pietro IncagliCircolo area fiorentina – Popolo della Famiglia

Servono partiti di ispirazione cristiana

Padre Drew Christiansen, nel suo ultimo libro, si preoccupa di un mondo che è passato alla illiberalità verso i poveri ed i deboli in contrasto con le precedenti conquiste civili e sociali dei secoli scorsi quando anche la Chiesa passò dal «non expedit» all’«expedit» di Don Sturzo. Il nemico dei popoli e della civiltà cattolica è il «pensiero unico» totalizzante ed avvolgente che offusca le menti chiamando male il bene e chiamando bene il male e manipolando gli individui per un mondo di élite oligarchiche oppressive. Serve quindi un ritorno massiccio dei partiti cattolici in politica per restituire alle masse la libertà di pensiero e di azione e per indirizzare le coscienze verso il bene individuale e collettivo. Il tempo stringe, e bisogna darsi una mossa prima che sia troppo tardi.

Gian Carlo Politi

Sono tanti i credenti ipnotizzati da Salvini

Una gran parte dei «credenti», cioè di quanti si ispirano e dovrebbero orientare la loro vita alla sequela del Vangelo, ignorano, sul tema dell’immigrazione, sull’accoglirnza dei profughi e sulla loro integrazione, i richiami di Papa Francesco e della stampa cattolica, in particolare, «Avvenire» e «Famiglia Cristiana», ma anche i settimanali diocesani.

Alla prova del «voto» per l’Europa, tanti consensi sono andati alla Lega di Salvini che proprio sulla opposizione all’immigrazione ha impostato e vinto la competizione elettorale, con l’abuso e la strumentalizzazione, nei comizi, dei simboli religiosi – il crocifisso, il rosario, la Bibbia, persino la devozione al «Cuore Immacolato di Maria» – per convincere i cattolici ad appoggiare la politica di rifiuto dei migranti. Migranti, non visti come afferma il Papa «saranno il rinnovamento dell’Europa» ma considerati una minaccia per la nostra sicurezza, per il lavoro che possono sottrarre agli italiani, per la contaminazione della nostra cultura, per l’appropriazione dei nostri diritti. E quindi, frontiere, porti, aeroporti aperti, si, come sostiene questo governo, ma per un loro respingimento, un forzato rientro da dove sono giunti, magari in qualche campo di detenzione in Libia o altrove, dove li aspetteranno violenze di ogni tipo.

In tal senso, dopo l’approdo sulle nostre coste per sfuggire da situazioni originarie sub umane, verrà cancellato il sogno, la speranza, l’attesa di una «nuova» vita e di essere inclusi nella nostra società. Invece la loro presenza, composta in gran numero da giovani, potrebbe rappresentare una opportunità e un reciproco interesse, per loro e per il paese di accoglienza, se sopportati da un vero progetto di valorizzazione attraverso un percorso formativo con finalità d’impiego – nel breve e medio tempo – nel settore primario, nel campo produttivo e dei servizi per contribire ad incrementare la ricchezza del Paese e la conseguente ridistribuzione delle risorse prodotte. I rischi per il nostro Paese sono ben altri: riguardano – a mio parere – l’emanazione di provvedimenti sociali in deficit (a carico della generazione che verrà), anche se Salvini e l’Esecutivo nel suo insieme, stanno dando speranza nell’affermare che il deficit non esiste e non c’è nessun debito da pagare. Ma il Pil (produzione di beni e servizi) è pari a «zero» e l’economia, senza adeguati investimenti pubblici e privati non si sviluppa né cresce e determina preoccupazioni e sfiducia per il futuro, specialmente se le tensioni con l’Europa dovessero aumentare, provocando immediati riflessi sull’impennata dello spread che genera, a sua volta, l’aumento degli interessi sul debito e l’impoverimento generale del Paese.

L’apparente fascino della politica sovranista di Salvini, affiancata dal populismo che riduce il campo del sistema democratico, hanno ipnotizzato tanti «credenti».

Occorre ribaltare questo modo di «fare politica» per dar luogo ad uno Stato in grado di garantire coesione, unitarietà e solidarietà in modo che il bene comune si possa realizzare con il contributo di tutti «senza lasciarsi rubare – come ha detto il Papa – la fraternità da chi alimenta divisioni».

Arrigo CanzaniSesto Fiorentino

Sulla scia delle recenti elezioni, che in alcune città toscane avranno un prolungamento con il ballottaggio di domenica 9 giugno, quasi tutte le lettere che arrivano in redazione affrontano questioni politiche. Ne sono un esempio quelle che pubblichiamo questa settimana. C’è chi torna sul vicepremier Matteo Salvini e sui comizi con la Corona del Rosario, chi commenta l’esito deludente del voto per i cattolici e chi guarda avanti (o indietro) auspicando un ritorno dei partiti di diretta ispirazione cristiana. La questione del leader della Lega l’abbiamo già affrontata nei numeri scorsi e in modo particolare nel 19 definendo quelli del ministro Salvini «gesti e parole che sconcertano».

L’amico Canzani, nella sua lettera, aggiunge alcune riflessioni tra cui la considerazione che non pochi cattolici hanno votato per la Lega. Non so se tanti credenti, come scrive il nostro lettore, siano stati ipnotizzati o meno. Certo è che una parte dei cattolici ha sicuramente votato Lega, soprattutto nel Nord Italia. Lo dicono i numeri e lo dicono certe prese di posizione esplicite anche da parte di sacerdoti. Uno di questi, direttore tra l’altro di un settimanale diocesano dell’Emilia, ha scritto che Salvini «rappresenta ormai l’orientamento elettorale dei cosiddetti moderati ed è nei fatti anche il partito di riferimento di buona parte del mondo cattolico», aggiungendo che «dopo essere stato tradito da tanti, il popolo ha scelto uno fidato». Dopo di che si è dovuto dimettere perché quelle parole «non interpretano il pensiero della diocesi e del suo vescovo» e non sono «improntate ad assoluta equidistanza e indipendenza di giudizio rispetto a ogni vicenda politica». Ciò non toglie che se le ha scritte, le pensava. E che sicuramente anche altri la pensano come lui. Quanto alla lettera qui accanto, è giusto che uno ami la propria città e che si auguri venga governata da chi, oltre ai «valori politici», rispetta «soprattutto quelli morali». Le elezioni offrono questa opportunità perché, al di là del facile qualunquismo della serie «sono tutti uguali», qualcuno da votare lo si trova sempre, persona o partito. L’invito, pertanto, come sempre, è quello di non rinunciare mai al diritto-dovere del voto.

Andrea Fagioli