Lettere in redazione

Un programma «fazioso» che esalta l’eutanasia

La trasmissione «Vieni via con me», di lunedi 15 novembre, meriterebbe un «oscar»: quello della faziosità. Mi limito a segnalare la «performance» del personaggio Saviano. Dal quale era da aspettarsi una credibile e puntuale ricostruzione di certe realtà mafiose, nella onesta cornice dell’educazione alla legalità. Rilevo, invece, affermazioni, da parte di Saviano, sulle quali il Ministro della giustizia, on. Maroni, trova di che sdegnarsi ed annunciare opportuni interventi. L’on.Maroni non è uno sprovveduto, da quanto risulta. Nel seguito della trasmissione, Saviano snocciola, a nostra edificazione, commoventi esternazioni sul «fine vita» in chiave laicista, nella assoluta assenza di contraddittori. Resta da chiedersi se questo giustifichi il lauto onorario previsto per ogni trasmissione (50 mila euro) presenziata. Altra «questione morale» riguarda i rischi ai quali gli uomini della scorta di Saviano devono esporsi, per consentirgli simili apparizioni mediatiche. È tollerabile tutto questo?

Fabiano Bermudezindirizzo email

Leggo, a pagina 17 del n. 41 di Toscana Oggi, un intervento in merito alla trasmissione «Vieni via con me». Condivido quello che vi si dice circa l’opportunità di dare la parola, circa i casi Englaro e Welby, anche a chi la pensa diversamente, che cioè ha scelto la vita. A mio parere sarebbe però stato opportuno che il discorso fosse stato esteso alla politica, nel senso che può andare anche bene rifarsi da Vendola, Fini e Bersani, ma occorre dare la parola anche ai rappresentanti degli altri partiti, che, pure loro, hanno il diritto di proclamare i loro valori. O no? Fazio e Saviano sono faziosi a 360 gradi.

Marcello Bardottiindirizzo email

Il conduttore Fabio Fazio ha spiegato che oltre agli on. Bersani e Fini non potrebbe invitare nella sua trasmissione i rappresentanti di circa 70 partiti esistenti in Italia. Però è anche vero  che non possiamo mettere sullo stesso piano dei partitini dello zero virgola, con altri votati dagli italiani in percentuali che vanno dal 10 al 30%. La presenza nell’ultima trasmissione di «Vieni via con me» di Beppino Englaro e Mina Welby ha dimostrato ancora una volta l’impostazione ideologica della stessa. Perché Fabio Fazio non ha invitato anche qualche parente di migliaia di ammalati in coma vegetativo persistente che vengono assistiti amorevolmente e considerati vivi a tutti gli effetti? Perché Fabio Fazio invita sempre preti dissidenti come Don Gallo e mai qualcuno fedele al magistero della Chiesa? Dov’è finito il tanto conclamato pluralismo?

Alessio Nolanindirizzo email

Ho letto che «Avvenire» ha attaccato duramente don Andrea Gallo. Non ho seguito, lunedì scorso, «Vieni via con me» e, quindi, non so cosa abbia detto o letto questo «prete vanitoso» che in tv si è prestato a fare da «scendiletto». So che don Gallo, con tante verità, talvolta le spara anche grosse. Ma è solo colpa sua? Con tanta amarezza, con tanta sofferenza, non posso ignorare altri «preti vanitosi», anche prelati, che fanno comunella con quanti predeligono stare con i piedi ben piantati per terra. Che elenco si potrebbe stendere! Speriamo bene che qualcuno non vada a leggerlo, prima o poi, a «Vieni via con me».

Pier Giovanni Billeriindirizzo email

Non credo che i 9 milioni di italiani che hanno seguito l’ultima puntata (quella del 15 novembre, ndr) di «Vieni via con me» siano tutti d’accordo sui contenuti della trasmissione. Anche la Rai di Fabio Fazio, come quella di altri conduttori televisivi, è (o dovrebbe essere) servizio pubblico, pagato con il canone da tutti noi. Eppure l’uso che ne fa, in compagnia dei suoi ospiti preferiti, è di un salotto a proprio uso e consumo. Stimavo Saviano, ma mai avrei pensato che arrivasse a sponsorizzare perfino l’eutanasia, che lui, con la sua aria messianica chiama «accanimento terapeutico», ma che la vedova Welby ha invece con molta franchezza parlato di «lotta per l’eutanasia». E che dire del «predicozzo» rivolto alla Chiesa sul funerale religioso negato a Welby e concesso ai dittatori Franco e Pinochet? Anche qui nessuna possibilità di replica che sarebbe stata molto semplice; il catechismo cattolico dice che chi in piena lucidità mentale decide di suicidarsi si esclude automaticamente dalle esequie religiose. Ma Welby non si definiva ateo? A chi giovava un funerale religioso? Forse ai radicali?

Vedran Guerrini

Il programma «Vieni via con me» mandato in onda dalla Rai nei giorni scorsi costituisce un raro esempio di sintesi tra confusione e ideologia, nel quale l’individualismo liberale prevarica la cultura della solidarietà, il relativismo quella del bene comune. Non entriamo nel merito delle convinzioni personali dei conduttori e degli autori della trasmissione, ma sentir definire Luca Coscioni, Piergiorgio Welby e Beppino Englaro difensori del «diritto alla vita» umilia profondamente la sensibilità di quanti, distanti dai riflettori e talora persino derisi, da anni si battono davvero e quotidianamente per difendere il diritto alla vita, sostengono le donne in gravidanza difficile ed assistono i malati terminali. Il Movimento per la vita auspica pertanto che la Rai, d’ora in poi, tenga in maggior considerazione la logica del contraddittorio non solo quando si tratta di bilanciare alla frazione di secondo la presenza dei politici, ma anche ed ancora di più quando si toccano temi eticamente sensibili che rischiano di avere, se proposti in modo univoco, effetti devastanti sul piano propagandistico.

Movimento per la Vita

Sei milioni di telespettatori per la prima puntata, nove per la seconda. Non c’è dubbio che «Vieni via con me» sia stato un successo. Almeno dal punto di vista dell’audience. Tanto da incamerare i complimenti di Piersilvio Berlusconi, vicepresidente di Mediaset, nonostante le forti polemiche politiche che la trasmissione aveva provocato. Sia per la scelta di far declamare i «valori» della destra e della sinistra a Fini e Bersani, sia per le frasi sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel Nord Italia e sulle possibili «collusioni» con la Lega, che hanno fatto infuriare Maroni (che però poi ha avuto modo di replicare, nella puntata successiva). Qualcuno dei nostri lettori lamenta proprio questo: il programma sarebbe troppo «fazioso», troppo sbilanciato «a sinistra», troppo «antiberlusconiano». Il che è vero: gli autori guardano esplicitamente a quella parte del Paese che non ha in simpatia il «Cavaliere». E non a caso il programma va in onda su Rai3, che secondo una logica spartitoria di lunga data, è appannaggio di una certa «sinistra», molto «radicale» e ben poco «popolare». Non dico che sia giusto, tutt’altro. Ma questo è il servizio pubblico come lo concepisce – da tempo – la nostra classe politica. Bisogna anche dire che «Vieni via con me» non è una «tribuna politica, dove gli spazi devono essere gestiti con il bilancino. Non è neanche un programma di approfondimento giornalistico. Come scrivono gli autori «è televisione e anche teatro, musica, racconto, show» per parlare del nostro Paese. Il tutto sotto forma di «elenchi» dove esprimere «le buone ragioni per rimanere in Italia e le buone ragioni per andarsene». Elenchi anche anacronistici, come quelli declamati da Fini e Bersani. Ma legittimi. Quello che troviamo inaccettabile è che si faccia passare la dolorosa esperienza di Beppino Englaro e di Mina Welby come l’unica e vera battaglia di civiltà sulle frontiere della vita e della morte. Che si utilizzino le indicazioni della Cassazione nel caso Englaro come se fossero un manifesto dei radicali per il diritto all’eutanasia. I politici hanno mille modi per protestare e rettificare se non gradiscono. Il «Giornale» pubblica ogni giorno paginate intere contro Saviano, «reo» di aver ipotizzato connivenze al Nord tra politica e malavita organizzata. Ma le migliaia di famiglie che, senza clamore, vivono accanto a malati terminali o a persone in coma non hanno voce. A loro Fazio e Saviano non concederanno mai di leggere «elenchi», di testimoniare come si vive, giorno dopo giorno, l’amore per una persona cara.Ma c’è un’ultima cosa che merita di essere sottolineata. I nostri lettori se la prendono giustamente con il servizio pubblico. Ma non è l’unico responsabile. Ormai da tempo la Rai ha smantellato gran parte della sua capacità produttiva. Preferisce acquistare prodotti già fatti, i famosi «format». Anche «Vieni via con me» è prodotto da Endemol Italia, che non a caso pubblica sul suo sito commenti trionfali per l’alto audience raggiunto dalla trasmissione. Della stessa «scuderia» sono quasi tutti i prodotti di punta Rai, da «Affari tuoi», alla «Prova del cuoco», da «Che tempo fa» a «Provaci ancora Prof». Stesso discorso per Mediaset, con «Chi vuol essere milionario», «Il grande fratello», «La pupa e il secchione» o «Chi ha incastrato Peter Pan». E sempre di Endemol sono anche «Le invasioni barbariche» su La7. Questa è la vera «dittatura» culturale. E volete sapere chi ci sta dietro alla Endemol, società olandese, fondata nel 1994 dai John de Mol e Joop van den Ende (da cui il nome)? Mediaset, che nel maggio 2007 l’ha acquisita per 2,63 miliardi di euro in consorzio con Cyrte (del fondatore John de Mol) e la banca d’affari Goldman Sachs. Questo spiega perché Piersilvio Berlusconi, nonostante tutte le polemiche politiche e nonostante avesse battuto il «Grande fratello», si sia rallegrato per il successo di «Vieni via con me». In fondo quella sera gli italiani davanti alla tv si erano divisi tra due programmi prodotti dalla «sua» Endemol. Claudio Turrini