Vita Chiesa

Una laurea per padre Tarcisio,il frate toscano che ha creatola scuola per infermieri guaranì

Il riconoscimento dell’università in un Paese, la Bolivia, che non è benevolo con la Chiesa. Segno delle grandi opere compiute da questo piccolo francescano


Dal Casentino, quasi sotto la Verna, al Chaco boliviano: è la vicenda di padre Tarcisio Ciabatti, frate minore toscano, un unicum! Di aspetto dimesso, di poche parole, sempre con la sua camicia kaki o la sua giacca dello stesso colore, occhiali vecchio taglio, capelli un po’ mossi, sorriso umile e cordiale. Esile come è, non impone la sua presenza né mai l’ho sentito vantarsi… Le parole poi… bisogna tiragliele fuori! Ma ascoltarlo diventa un incontro profondo, arricchente.

Tratti di vita
L’ho conosciuto durante il liceo a metà anni sessanta. Dal convento di Colleviti (Pescia) ci invitò a Viareggio per passare qualche momento con i giovani del Varignano. Mi accorsi che, rispetto alla formazione a cui eravamo abituati, il suo era un altro mondo. Aveva un linguaggio che gli veniva dallo stare con le persone di quel quartiere periferico e di recente immigrazione. La sua gente gli aveva insegnato la propria lingua. Ben prima del Sessantotto lui aveva assimilato gli sguardi e il pensare di don Milani, il suo Catechismo, la Lettera a una professoressa, Esperienze pastorali…
Nei primi anni settanta partì per la Bolivia con padre Leonardo Bernacchi, quasi suo paesano, che era là da anni e che sarebbe diventato vicario apostolico di Cuevo-Camiri.
Chiese e gli affidarono una piccola parrocchia (Gutierrez) sulla arteria panamericana che da Santa Cruz de la Sierra porta verso l’Argentina. Allora era tutta in terra battuta. In tempi di pioggia, anche il Toyota faceva fatica a percorrerla. I collegamenti nella selva verso le comunità Guaranì erano appena dei sentieri. La parrocchia più vicina (si fa per dire) era Lagunillas, dove viveva padre Quirino Sampoli, senese, missionario dei tempi ancora più eroici, quando l’unico mezzo di trasporto era il cavallo. Era stata la terra del Che Guevara! Oggi è difficile immaginare le condizioni di cinquanta anni fa in cui egli si immerse pienamente.
Lo incontrai di nuovo in loco, a metà anni ottanta. Ricordo i colloqui con lui, viaggiando nel suo Toyota… i lunghi silenzi in cui ti lasciava alla riflessione, gli accenni che ti facevano pensare… Spesso non lo capivo, erano solo accenni… ma pensati e ripensati. Vedeva più lontano, più profondo. Specialmente sui suoi guaranì e sugli altri gruppi etnici, umiliati dai karai (i bianchi) e per i quali lui era diventato come un padre.
Loro lo hanno soprannominato Taturapua (armadillo), un animaletto piccolo, veloce nel nascondersi nella sua corazza di scaglie… ma molto ricercato.

La laurea honoris causa
Consegnata il 26 ottobre, è il riconoscimento ufficiale della bellezza della sua vita, del suo lavoro, della sua umanità e spiritualità. Ha amato gli ultimi, gli scartati e umiliati. Ha lavorato giorno e notte per farli essere alla pari con gli altri e anche… primi tra tutti! Lo ha fatto rispettando la loro identità e stimolandoli a divenirne coscienti e fieri. Stando tra loro, fornendo contenuti e mezzi perché, con il loro modo, arrivassero a occupare un giusto posto nella società boliviana. Campi operativi per eccellenza, oltre e dentro la pastorale, la formazione dei giovani e la cura della salute.
Il vicario apostolico nei primi anni ottanta lo nominò responsabile del Convenio de salud (convenzione col governo boliviano per la gestione dell’ospedale di Camiri). Se ne occupò a lungo, migliorando struttura e servizi, ma si era reso conto che il tutto non coglieva appieno lo spirito guaranì nel concepire e occuparsi della vita e della cura. Allora ha «inventato» il Tekove Katu, una scuola per infermieri di etnia guaranì e destinati, in collegamento con le strutture sanitarie, alle comunità di origine. La formazione, attenta al loro nande reko (modo di essere), è affidata a ottimi insegnanti provenienti da ospedali e università.
Una grande capanna circolare dal tetto di paglia è l’aula magna di questa piccola facoltà di infermeria e medicina. Come la capanna tipica dei guaranì, presente al centro delle loro vallate, dove ogni comunità si incontra, discute, decide… dove fa festa… dove è comunità!
Degli anni ottanta a oggi ha avuto molti collaboratori italiani. Medici e infermieri da varie Università, prima fra tutte la facoltà di malattie infettive di Firenze.
Sono state intraprese e portate avanti ricerche in vari settori della cura della salute e dell’ambiente che hanno trovato stima nel ministero della Salute boliviano e riconoscimenti alla scuola Tekove Katu come uno dei migliori metodi per il servizio alla salute popolare in America Latina.
Concede questo alto riconoscimento l’università di Camiri, una realtà laica in un paese in cui il governo non è certo dei più benevoli verso gente di chiesa. Ma questo è un segno chiaro che, quando il Vangelo prende pienamente la vita di qualcuno e questi la semina con opere che rispettano l’altro, la luce di Cristo risplende e le stesse opere parlano di Dio. Tarcisio, Taturapua, sembra sempre mettersi da parte, ma piano piano ha mosso situazioni apparentemente intoccabili, generando risposte feconde… «Dai frutti vi riconosceranno!»
È una gioia pensare ai suoi occhi che sorridono guardando i suoi guaranì o gli amici che in gran numero si sono coinvolti e collaborano con lui dall’Italia o riescono ad andare a trovarlo.

Nascosto e notissimo
Mi sembrò camminare un metro da terra quando, nella basilica di san Pietro a Roma, i suoi guaranì furono invitati per la Messa conclusiva del Sinodo sull’Amazzonia: vestiti dei loro coloratissimi tipoy cantarono un canto dolcissimo che accompagnò il momento della comunione.
Il suo nome è un lasciapassare. L’ho sperimentato lo scorso ottobre. L’autostrada Camiri-Santa Cruz era interrotta da una serie infinita di blocchi stradali di protesta contro lo sciopero generale proclamato nella città di Santa Cruz. Impossibile passare: file ininterrotte di camion cisterna e di tir che portavano rifornimenti di ogni genere. Avevamo da arrivare all’aeroporto e non ce l’avremmo mai fatta. Francesco Cosmi, braccio destro di Tarcisio, ebbe l’idea di utilizzare l’ambulanza del convenio de salud. Ma anche con questa ci furono momenti in cui non si riusciva a ottenere permesso di transitare.
Bastò che dicesse che le persone che erano a bordo erano amici e collaboratori di padre Tarcisio, che anche chi era stato irremovibile fece liberare l’autostrada dai tronchi che vi avevano disteso… Tekove katu… el Padre Tarcisio… Bueno, que passen!

Toscana e Bolivia
Taturapua ha ormai superato gli ottantanni… Di frati toscani nel Chaco boliviano sono rimasti solo lui e fra Giuseppe Rossi, un altro personaggio!
Una volta, in tutta la missione di Bolivia, erano molti di più, ma il legame della Toscana con la Bolivia è sempre forte. L’ufficio missionario di Firenze e tanti laici amici sono ancora trascinati dal loro esempio. A Viareggio i suoi giovani degli anni sessanta si sono costituiti in gruppo «Amici del popolo guaranì». Ogni anno vi sono visite e volontari che vanno a dare una mano e si organizzano raccolte per sostenere il Tekove Katu e altre attività.
La laurea Honoris causa coinvolge il cuore di tutti… È come un sigillo ufficiale a tanta voglia di tutti di dire grazie a quel frate francescano di Dama… poco sotto la Verna!