Opinioni & Commenti

Vertice Fao, serve un’authority internazionale

di Riccardo Moro

Tutti hanno affermato che il vertice della Fao, celebrato con grande enfasi la settimana scorsa a Roma, ha deluso. Se si guarda alla dichiarazione finale in effetti è difficile trovare ragioni d’entusiasmo. Nel documento si trovano inviti, peraltro dovuti, al rispetto degli Obiettivi di Sviluppo del 2015 o alla conclusione della cosiddetta Agenda di Doha del Wto, un ampio quadro di intese commerciali che dovrebbero offrire opportunità di sviluppo equilibrato a tutti, proposte nel 2002, oggi ancora in discussione e tuttora distanti dall’essere sottoscritte. Del tutto assenti gli impegni, salvo quelli generici. La Dichiarazione pare debole in particolare nel riferirsi alla crisi in corso: non vi sono impegni quantificati e quindi misurabili e si invitano tutti i soggetti, pubblici e privati, al coordinamento. Francamente un po’ poco. Qualche parola in più compare nel capitolo sulla promozione della produzione e di un commercio efficiente e giusto. Il testo rivela la tensione della discussione fra i delegati. Non si parla di prodotti OGM e si rinvia sui biocombustibili. Ma alcune frasi sono positive e non compaiono a caso: il riferimento a politiche agricole orientate ai bisogni delle persone e non delle imprese, l’enfasi sui piccoli produttori del Sud del mondo e l’eliminazione degli strumenti che distorcono il mercato penalizzando i contadini del Sud del mondo, meno protetti dei loro omologhi del Nord. Comunque troppo poco per un vertice nel quale convenivano tutti paesi del mondo, molti dei quali rappresentati dal Capo dello stato. Difficile smentire l’impressione che i grandi non sappiano decidere e le grandi istituzioni internazionali siano inefficaci. Impressioni pericolose perché, se non governate, possono portare a desiderare di «arrangiarsi da soli». Una logica in cui i più forti riescono a tutelarsi e i più deboli soccombono.

Nato, e preparato, più per discutere di cambiamenti climatici e biocombustibili che di emergenza alimentare, il summit ha visto il confronto di gruppi e interessi contrapposti. Da un lato quelli dei contadini nel Nord e nel Sud del mondo, anche in opposizione fra loro come avviene per la questione della protezione dei mercati ricchi, ma più spesso in tensione con la cosiddetta agrindustria. Da un altro, quello dei consumatori che in tutto il mondo stanno soffrendo per i rincari. Infine la lobby degli speculatori che ha interesse a mantenere l’attuale sistema di scarsissima, per non dire nulla, regolazione dei prezzi.

Ma c’è un’altra ragione per il nulla di fatto. Tutti attendono i risultati delle prossime presidenziali americane. E in questo stallo nessuno ha la forza per catalizzare un consenso internazionale su una qualunque posizione un minimo definita. Non Lula, impegnato in una difficile e non contraddittoria battaglia sul programma «Fame Zero» e sugli investimenti nei biocombustibili per rendere il Brasile meno dipendente energeticamente e più pulito. Non l’Unione Europea giunta al vertice con voci autorevoli, ma non sempre univoche.

E ora? Il tema alimentare è troppo importante perché si possa «lasciar fare» solo al mercato. Anche i più deboli hanno diritto di mangiare e questo precede qualunque altro obiettivo di politica economica. La soluzione non sta nell’aumento dei fondi, comunque preziosi. Sta nella creazione di un’authority internazionale, con poteri di sanzione, che sovrintenda in cinque campi: quantità prodotte nelle diverse aree regionali e nazionali, prezzi internazionali, sussidi e barriere, speculazioni finanziarie, proprietà della terra. Con l’authority servono due iniziative speciali. La prima dedicata alla tutela della proprietà tradizionale dei contadini nel Sud del mondo, che si vedono spesso sottratta la terra per vie legali perché non sanno di doversi registrare presso i catasti creati con le riforme agrarie. La seconda per rendere illegale ogni forma speculativa legata a prodotti alimentari. In alcuni paesi è vietato legare titoli futures al cibo: se applicata dappertutto, questa norma può sterilizzare le spinte speculative che stanno arroventando il mercato alimentare.

Rafforzare diritto e politica internazionale è difficile ma non impossibile. L’alternativa, come abbiamo detto, è arrangiarsi da soli. O farsi proteggere dal più forte. Una pratica che in Italia conosciamo bene: la chiamiamo mafia.